Ancora dei piccoli Davide che proveranno ad avere la meglio su Golia. La storia si ripete e i piccoli comuni del Vastese si mettono insieme per dire “No” alla trasformazione di Valle Cena in vallata delle discariche. Dopo la manifestazione di sabato scorso [LEGGI], ieri pomeriggio a Furci si è tenuta un’affollata assemblea pubblica in vista della trasferta a Pescara sotto la sede di quella Regione che domani potrebbe dare il via libero definitivo al progetto della Vallecena srl (società ad hoc dell’imprenditore di Vasto del settore rifiuti, Gianni Petroro) di una discarica da 150mila metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi. Insieme al padrone di casa, Angelo Marchione, c’erano i sindaci di San Buono, Nicola Filippone, e quello di Palmoli, Giuseppe Masciulli (durissimo l’intervento di quest’ultimo, LEGGI).
UNA STORIA LUNGA 13 ANNI – I piccoli Davide sono i comuni dell’entroterra che come accaduto in passato si stanno stringendo attorno a Furci sposandone la battaglia. Il primo cittadino Angelo Marchione dopo la marcia di sabato in Valle Cena, ha fatto il giro delle sette chiese, insieme ad alcuni suoi consiglieri ha girato i centri del Vastese per raccogliere le adesioni degli altri sindaci al documento unitario che sarà presentato domattina in conferenza dei servizi. “Siamo a 20 – ha detto – ma ne arriveranno altre”.
[ant_dx]Tra queste c’è il Comune di San Salvo che già nel 2014 affiancò Furci; si attende anche la firma di Vasto che due giorni fa era presente con i propri consiglieri Marra e Sputore. Nel 2008 numerosi Comuni deliberarono in consiglio la propria contrarietà. Finora, però, non è bastato e 13 anni dopo la presentazione del primo progetto, se ne discute ancora.
Il progetto nel 2015 sembrava ormai tramontato dopo l’archiviazione da parte del comitato Via firmata dal dirigente della Regione Abruzzo Piselli, ma qualche mese dopo arrivò la doccia fredda. Franco Gerardini (attuale commissario del Civeta), tornato alla guida del settore, firmò una contestatissima (da Comune e Forum H2O) riattivazione dell’iter “in variante” di una seconda versione della discarica. Da questa sparì l’impianto di trattamento di rifiuti pericolosi; “Dall’originario progetto del 2005 – ha ricordato ieri il sindaco Marchione – è sparito l’impianto di trattamento dei rifiuti. Fanghi e scarti industriali non dovranno essere trattati prima di essere messi in discarica e ricoperti una volta esaurita la capienza”.
Dopo innumerevoli rinvii, nel dicembre scorso è arrivato l’ok dal Comitato Via all’esclusione dall’iter della valutazione d’impatto ambientale [LEGGI] per il quale i Comuni di Furci e San Buono hanno presentato un ricorso al Tar; per questo, la seduta della conferenza dei servizi di domani potrebbe essere l’ultimo ostacolo prima della partenza dei lavori.
LE CRITICITÀ – Le criticità secondo il sindaco restano numerose nonostante le modifiche al progetto: “L’area è circondata da terreni franosi, i rifiuti ammissibili sono troppi e senza alcun vincolo sulla provenienza, la zona da sacrificare ha destinazione agricola. Inoltre, temiamo per la falda acquifera sottostante oltre alla sottovalutazione dell’effetto cumulo. Ci sono abitazioni a meno di 500 metri e c’è, infine, lo studio del dott. Schioppa che evidenziò anni fa a Furci un’alta concentrazione di morti per tumore”.
Tra le novità emerse ieri pomeriggio c’è la disponibilità data da un docente dell’Università degli Studi di Teramo a effettuare prove respiratorie a Furci e negli altri comuni del circondario per rilevare altre eventuali criticità.
OPPORTUNITÀ – La domanda ricorrente di ieri è stata: “A chi conviene?”. Il progetto è considerato senza futuro ed effettivamente è difficile trovarvi una prospettiva: la discarica avrà una vita di 5-6 anni (meno della metà del tempo servito a un’eventuale autorizzazione), poi sarà ricoperta e dovrà essere gestita solo la produzione di percolato: un’iniziativa imprenditoriale squisitamente privata fortemente osteggiata che si esaurirà nel giro di qualche anno che per quanto legittima non avrà significative ricadute occupazionali o benefici per le comunità locali e che lascerà a tempo indeterminato 150mila metri cubi di rifiuti speciali interrati in una zona a vocazione agricola.